01 giugno 2025 – Festa della Casa della Carità – Solennità dell’Ascensione
Ecco i momenti salienti della nostra festa:
La S.Messa in Parrocchia

Per la nostra casa della carità, frutto bolognese del Concilio e figlia di questa comunità parrocchiale “in uscita”, perché continui ad essere segno e strumento dello Spirito Santo che anche oggi ci incoraggia e ci invia al mondo per testimoniare quanto Dio ci ama, così come siamo.

Il momento di preghiera in giardino
La festa dell’Ascensione al cielo del Signore è il mistero della vita di Gesù a cui è dedicata la nostra Casa della Carità di Corticella.
Rendiamo grazie al Signore di tutta la vita che ci ha donato in questo anno e gli chiediamo che la festa della sua Ascensione illumini, ispiri e incoraggi la nostra vita insieme, il cammino comunitario e di ciascuno.
Ascendendo in cielo Gesù ha portato la nostra umanità e la storia degli uomini e delle donne del nostro tempo già in Dio, al sicuro. Al tempo stesso Gesù ci benedice e ci manda ad essere suoi testimoni. E’ quindi una festa che produce un sottosopra tra cielo e terra: la terra è portata in cielo nella divina umanità di Gesù, e il mondo (la terra) è luogo dove il cielo di Dio cammina attraverso i suoi discepoli, riempiti di Spirito Santo.
La Casa della Carità assieme all’Oratorio, alla Fraternità Tuscolano 99 e al Carcere della Dozza, luoghi che arricchiscono la Zona Pastorale Corticella, sono stati riconosciuti, in questo anno giubilare, dal nostro Vescovo, luoghi di speranza. Speranza paradossale perché annunciata attraverso la piccolezza.
Abbiamo preso sul serio la fiducia con cui Gesù ci fa tutti suoi discepoli e proprio per questo ci aiuteranno, a pregare e rendere lode a Dio, delle testimonianze da questi quattro luoghi ai quali abbiamo chiesto come vivono l’essere testimoni di Gesù, testimoni di speranza, testimoni di come l’Amore di Dio trasforma piccolezza e fragilità in occasione di vita nuova, annuncio di gioia che apre alla speranza.













1° Luogo di speranza: Oratorio Centro Giovanile
Progetto NovaeVitae
2° Luogo di speranza: Casa Circondariale “Rocco d’Amato” – La Dozza
Commento raccolto dai volontari al momento di lettura del Vangelo settimanale, il martedì pomeriggio assieme ad alcune persone detenute. Nella Festa dell’Ascensione ci siamo chiesti come essere testimoni anche noi, lì dove siamo: al carcere della Dozza, 3°piano, braccio B.
Quando ho fatto la valigia, perché sapevo che dovevo venire in carcere, ho preso solo un libro con me: la Bibbia di Gerusalemme, quella a copertina rigida. Ma non riuscivo ad aprirla, a leggerla. Ero arrabbiato, lo rifiutavo. Così a un colloquio, l’ho rimandata a casa, sfidando quasi Dio. Durante un’attività, una suora mi ha chiesto: “C’è Dio qua dentro? O è fuori?”, io subito ho risposto “No, Dio è fuori”. Poi quella suora ha insistito per regalarmi un piccolo vangelo. Piano piano ho iniziato anche a tornare a Messa. Ho sperimentato l’assenza di Dio qui dentro. Poi pian piano ho capito che potevo trovarlo anche qui, sotto altre forme. Diciamo che essere qui mi ha costretto a cercarlo. Mentre fuori di qui, Dio era molto presente. Il momento di assenza mi ha costretto a cercarlo in piccole cose.
Per me invece il contrario: fuori non andavo a messa, ma dentro mi sono da subito affidato a Lui e mi ha dato conforto. La prova della sua vicinanza? Quando stavo per entrare qua, ho pregato per avere la forza. Entrato, ho pianto, come tutti, ma dentro ho sentito una forza, mi sentivo quasi sereno. Caspita me l’ha data davvero la forza. Qui vivo il crederci veramente, che magari fuori si era affievolito. E adesso mi trovo io a dire a mia moglie (che, come ero io prima, non va in chiesa) “dai, porta i bambini in Chiesa per Pasqua, almeno che facciano un segno di croce!”.
Ho visto la sua presenza nella disperazione, nella sofferenza, nelle situazioni sbagliate che si vivono qua.
Io credo che nell’incontro con l’altro, trovi Dio. Se ripenso alla mia vita, certi incontri, certe storie sentite raccontare da altri e custodite, sono state esperienze di Dio. Così rileggo anche il mio cammino qui dentro: io, l’altro e Dio.
Appena arrivati qui in sezione c’era la regola (posta dagli anziani che erano già dentro da un pò) che i compleanni non si potevano festeggiare. Noi abbiamo abbattuto questa regola. E li festeggiamo. Anche se uno non vuole, perché non vuole festeggiarlo qui dentro, per mille motivi, noi gli facciamo trovare la torta e non ti dico cosa facciamo per avere pure la candelina (che in carcere non si può detenere). Ma poi uno è contento. Abbiamo cambiato questa cosa.
Essere testimoni è tramandare alle generazioni future, è un passaparola. Portare un’esperienza ad altri. L’essere testimoni è una cosa collettiva. E’ come una spinta orizzontale: come quando si lancia un sasso nello stagno.
3° Luogo di speranza: La Fraternità “Tuscolano 99”
Cura della Fraternità
La Fraternità è una creatura fragile. Ha bisogno di cura e di premura per non fermarsi allo stadio di convivenza.
La Fraternità è come un bambino piccolo: è corredata di quanto gli serve per sopravvivere, ma è fragile e domanda protezione. Non preoccupano le malattie dell’infanzia se viene aiutata ad affrontarle.
La Fraternità è come un orto: ti riempie di frutti buoni se la circondi di cure costanti.
La Fraternità non è una creatura nostra, ma di un Altro che ce l’ha affidata: non avrebbe vita se non le fosse stata donata, ma non avrà vita se non gliela diamo noi.
La Fraternità non resta se viene dopo il resto.
La Fraternità è il nostro primo dono alla Chiesa e al Regno. Il ministero al quale siamo chiamati prima e al di là di ogni investitura clericale. Siamo tutti “curati” della Fraternità.
La Fraternità è il dono che ci scambiamo e rende possibili altri doni.
Se non la cerchiamo non la troviamo, se non la custodiamo avvizzisce, se non la viviamo muore.
Ho bisogno della Fraternità. Posso sperarla come un dono, ma, come un dono, non la posso pretendere.
4° Luogo di speranza: La Casa della Carità
Signore, noi della Casa della Carità ti lodiamo perché ci fa tuoi testimoni, con le nostre vite, così come siamo.
Ci fai costruttori di speranza con le nostre mani….
Quando serviamo le persone, aiutiamo a mangiare chi non riesce, facciamo carezze. Quando lavoriamo stendendo i panni, cucinando le verdure. Quando preghiamo, sfogliamo le cartoline, facciamo braccio di ferro con Andrea, facciamo le braccia della Claudia aiutandola a disegnare. Quando facciamo compagnia mentre gli altri lavorano, quando andiamo al laboratorio e a fare i lavoretti, quando facciamo i disegni, facciamo le coccole e gli abbracci lunghi lunghi.
Ci fai costruttori di speranza con le nostre bocche….
Quando diciamo parole gentili e dolci; quando diciamo parole belle come “ti voglio bene”; quando diciamo le preghiere; quando diciamo a qualcuno “sei bello”; quando assaporiamo il buon gusto dello stare in compagnia, nel fare puzzle; quando viene Sara e altri amici a stare con noi.
Ci fai costruttori di speranza con le nostre orecchie….
Quando ascoltiamo il Vangelo; quando sentiamo la pappa della Stefania che suona e chiamiamo qualcuno; quando sentiamo arrivare qualcuno e lo riconosciamo subito; quando ascoltiamo parlare le persone anche quando si ripetono; quando ascoltiamo la musica scelta da qualcun altro in salone.
Ci fai costruttori di speranza con i nostri occhi…
Quando stiamo attenti ad esserci tutti, che ci sia Tatto, che nessuno rimanga indietro; quando vediamo la bellezza, la meraviglia, il sole; quando vediamo ciò che ci dà il Signore; quando vediamo tanta gente che passa in Casa della Carità; quando vediamo qualcuno da invitare a cena,controlliamo se c’è posto per tutti e, se no, ne aggiungiamo.
Il Pestacolo
“Un cesto, un ponte e la speranza”






























L’ambientazione della storia: due villaggi e due popoli, separati da un fiume e da caratteristiche diverse che alludono a due opposte concezioni della vita. Da un lato, Arco, amante della natura e dei suoi prodotti, prolifico e spensierato (la sua passerella è sulle note di “Cacao Meravigliao”) e dall’altro Baleno, orgoglioso del suo livello tecnologicamente avanzato, proteso alla crescita economica del paese (il suo inno è “Money Money”). Una diversità che resta pacificamente accettata, finchè qualcuno non accende la miccia dell’invidia. Il conflitto che ne deriva risponde alle stesse logiche dei “giochi di guerra” che ben conosciamo e che purtroppo usano armi diverse dalle bolle di sapone (ma sono altrettanto inconsistenti). Alla fine, solo il ponte dell’amore può (potrà) trasformare la contrapposizione in reciprocità, riconciliare i cosiddetti Sud e Nord del mondo e veder nascere “di due un popolo solo” (Efesini 2,14). Questa è la nostra Speranza!
I protagonisti: gli Ospiti collocati al centro… del palcoscenico, mostrando a tutti il loro talento espressivo, la loro disponibilità a prendersi in giro, a giocare con i ruoli ribaltando gli schemi, a fare da specchio a noi “normodotati” e alle nostre carenze e manie. Altro che “poverini”!
Così Luciana (attrice nata), simpaticissima ma anche notoriamente cocciuta nelle sue prese di posizione, diventa la regina che rivendica la propria libertà di scegliere chi sposare, sottraendosi alle trame di chi vuole servirsi di lei per conquistare potere: “Nnno! Io amo un altro!!!” (battuta fulminante, inventata da lei, non prevista dal copione). Accanto a lei Elena, calma e sovrana, autorità indiscussa ad Arco come in casa nostra, si stupisce che le sia sfuggita un’informazione preziosa circa i veri proprietari del cesto sacro: “Eppure io so sempre tutto…” (e il pubblico, che la conosce bene, esplode in una risata). Sebastiano, dipendente dal proprio servo, che dipende a sua volta dalle ambizioni mai soddisfatte del proprio padrone (misteri del servizio), ricorda tanto le dubbie complicità che si creano in comunità per ottenere riconoscimenti e affetto (o qualche regalino). Piero, re poco loquace (a differenza della sua ministra Laura), esprime con una sola battuta tutta la stupidità di chi ancora oggi scatena guerre, senza un motivo serio che valga la pena ricordare: “Mooooh?”. Mery, fiera custode del cesto conteso, è apparsa così consapevole della preziosità del suo contenuto (tre pani fragranti, simbolo della Parola di Dio, dell’Eucaristia e della Carità) da far sorgere la domanda: ne ha colto davvero lo spessore teologico di nutrimento spirituale oppure –come tanti- si è accontentata del livello materiale che soddisfa la pancia?
L’arte teatrale consente queste e altre letture a molteplici livelli… divertendoci e divertendovi, abbiamo lanciato dei messaggi serissimi. Ora tocca a voi coglierli.
e poi Apericena e balli di gruppo… ma non mettiamo le foto per non farvi troppa invidia… 🙂
E’ stato bellissimo rivedervi dopo tanto tempo. Fabio super bravo a preparare la storia sempre attuale e interpretata in maniera eccellente da tutti, sembrano attori di professione. Un grazie grandissimo. Mi avete rallegrata , vi abbraccio von affetto